Cucina. Stephen King: ricetta per un disastro
Oligo Editore - collana Piccola Biblioteca
Formato: 16,6x11,9x1,1
Pagine: 100
ISBN: 979-1281000025
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Tra i più celebri autori viventi, Stephen King è il cantastorie di quell'America fatta di persone comuni e il meglio di sé lo dà rendendo angosciante il quotidiano. Nei suoi libri il cibo è una costante dell'universo dell'americano della porta accanto. Diventa goliardico, come la salsiccia col preservativo in una mensa studentesca; soprannaturale, come i dolori del mondo di cui si nutre il gigante buono de Il miglio verde. E King usa la carne, la modella, la plasma, la presenta piena di vermi o fa venire l'acquolina in bocca descrivendone il profumo del grasso, prima di svelare che il corpo sulla graticola è quello di un essere umano. I capitoli sono arricchiti da ricette della tradizione americana.
«Nei primi anni Novanta conoscevo già King, ma la mia era stata solo una lettura da vorace adolescente, se non da cinefilo curioso (erano già uscite le pellicole di Carrie, Stand by Me, Pet Sematary…). [...] Ebbi l’incarico di creare un progetto sull’arte del Re [...] non se ne fece nulla, ma mi lasciò con questa scimmia che mi ha portato a collezionare tutte le opere in lingua originale e ad acquistarne una buona parte nel francese delle edizioni J’ai Lu durante gli anni in cui vissi a Parigi, all’inizio del nuovo millennio. L’idea di cercare e raccogliere suggerimenti al cibo che si trovano nei suoi libri e di accompagnarli con ricette appositamente ricostruite, risale a quel periodo».
L'llustrazione della IV di copertina è di Albo
Il libro è presente nella biblioteca della
13/9/2022
King ambienta molte scene di vita comune nella tipica ‘kitchen’ americana, grande, luminosa: “Rivolta a Est, così che la prima luce dell’alba possa entrare dalle finestre, tenue e lattiginosa” (Pet sematary). È dotata generalmente di un ‘breakfast nook’, un tavolino attorno al quale si consumano pasti veloci, al contrario dei pranzi e delle cene che solitamente si degustano con maggiore calma spostandosi nella sala da pranzo, come in Se scorre il sangue, dove Holly fa colazione con una ciotola di farina d’avena, una scodella di yogurt e una grande tazza di tè Constant Comment.
In quel capolavoro di normalità che lentamente si trasforma in incubo che è Shining (1977), c'è un intero capitolo intitolato ‘Kitchen Talk’. Letteralmente traducibile in ‘chiacchiere da cucina’, è il momento in cui Jack e Wendy affrontano assieme al piccolo Danny un momento molto delicato: “Jack lasciò cadere una bustina di tè nella grande tazza di ceramica e la riempì per metà di acqua bollente. «C’è dello sherry da cucina, vero?» chiese a Wendy [poi] versò una bella dose nella tazza, rimise a posto la bottiglia e riempì l’ultimo quarto con del latte. Aggiunse tre cucchiai di zucchero, mescolò e lo portò a Denny […]”. I normali gesti di un padre affettuoso, che consola il figlio e lo accarezza amorevolmente rendono ancora più terribile il lento degrado delle condizioni mentali di Jack, che si trasforma a poco a poco nel peggior incubo per la sua stessa famiglia.
Ne Le notti di Salem assistiamo a un lungo piano sequenza dove King, spiando da una finestra all’altra nelle cucine dei molti personaggi di questo romanzo corale, fa una accurata descrizione di quello che mangiano, dando delle pennellate che contribuiscono a inquadrare la situazione sino all’inaspettata chiosa: “Sono le sei, ora di cena […] Mabel Werts, la carne che le pende malamente dalle ossa, è seduta davanti a un petto di pollo bollito e una tazza di tè Lipton, […] attorno alle sette quasi tutti i pasti sono stati mangiati, molte sigarette, sigari e pipe del dopo cena fumate, la maggior parte delle tavole sparecchiate. I piatti sono stati lavati, risciacquati e sistemati sugli scolapiatti, i bambini più giovani sono stati impacchettati con il Dr. Denton e sono stati spediti nelle loro camere a guardare la tele sino all’ora di fare la nanna […] tutto attorno a loro, la bestialità della notte si leva su ali di tenebra. È arrivato il momento [della cena] del vampiro”.
In Billy Summers, Billy beve un analcolico Arnold Palmer col mafioso Nick: è una miscela di tè freddo e limonata. Prende il nome dal golfista americano, che lo bevespesso durante le sue gare.
Nella raccolta Quattro dopo mezzanotte, quando Ardelia e Dave hanno finito di darci dentro nel campo di grano (Il poliziotto della biblioteca), lei gli offre un drink in un bicchiere alto con una cannuccia. Lui pensa che sia tè freddo e dà un sorso che quasi lo strozza quando scopre che è Scotch liscio, come quello che il Reverendo Martin di Desperation sorseggia da una tazza con scritto HAPPY, JOYOUS, AND FREE. Nello stesso romanzo si trova lo squaw tea fatto di “strane” erbe.
Ci sono molti momenti in cui il tè è usato come metafore o modi di dire: Il maitre urla “come se avesse la pancia piena di vapore e un fischietto da teiera bloccato in gola” in Colazione al Gotham Café (uscito su Dark Love); viene usato per descrivere un urlo senza fiato, “come una teiera che ha finito quasi tutta l’acqua”. Ne L’'uomo vestito di nero, apparso in Italia nella raccolta Tutto è fatidico. Nella stessa raccolta in Tutto ciò che ami ti sarà portato via troviamo l’espressione “go ass-over a teakettle”, che significa perdere l’equilibrio e cadere. In Stagioni Diverse ne Il metodo di respirazione leggiamo “saliva e scendeva come una teiera che non riusciva a bollire”, ne L’Incendiaria, quando l’agente Jules parla di George Waring “potrebbe bruciare l’acqua facendo il tè”, in Dolores Clairborne per sottolineare l’acume della protagonista, King scrive: “Sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe dovuto fare attenzione a non bere il suo tè dall’orecchio, facendosi uno shampoo di Tetley, ma in quel giorno d’autunno del 1962 era ancora affilata come il rasoio di mio padre”. L’elegante Regina Cunningham di Christine non avrebbe dato un passaggio a un autostoppista “più di quanto avrebbe indossato i pantaloni per un tè in Facoltà”. ‘Bere un 'High tea!’ significa fare una sorta di aperitivo caldo, accompagnando al tè toast salati (I Langolieri e Il Fotocane). Nella stessa raccolta, King usa la teiera che bolle come metafora per descrivere l’apparizione del fotocane dalla macchina fotografica.
“Non ci rinuncerei per tutto il tè della Cina” è un’espressione usata in Duma Key, un romanzo molto ’teoso’ con diverse ricorrenze: il tè è bevuto dolce per inghiottire mezzo pacchetto di salame a fette; è verde, ghiacciato, molto rinfrescante e un costante contrappunto alle chiacchierate tra Jerome Wireman ed Edgar Freemantle, il cui verde è nulla se confrontato con quello degli occhi di Jerome, tè mai gustato prima, “come bere seta fredda con un sottile eccesso di dolcezza”. E qui arriva un piccolo segreto di King svelato da Wireman: “Si sente il miele? Non lo fanno in molti, io ne metto un cucchiaio per caraffa: rilascia la dolcezza naturale del tè. L’ho imparando cucinando su un battello a vapore nel Mar della Cina, dove combattemmo con i pirati e ci accoppiammo con strane donne dalla pelle scura sotto i cieli tropicali”. È anche un appuntamento fisso delle quattro, assieme allo show di Ophra, rassicurante routine per l’Alzheimer di Miss Eastlake assieme a una fetta di key lime pie: è una torta dalla base di biscotti sbriciolati mischiati al burro fuso come per la base della cheesecake e dalla farcitura realizzata con latte condensato, tuorli e succo di lime originari delle isole Keys della Florida, dove il romanzo è ambientato e dove esistono numerose piante di questo profumatissimo frutto verde smeraldo.
Il tè accompagna spesso i dolci; soprattutto dopo una certa età, sostituisce il caffè che causa l’acidità di stomaco di Bill Hodges nel terzo capitolo della sua trilogia, Fine turno. Come dice Jamie in Premium Harmony: “A volte è semplicemente la bevanda giusta; farlo ha un che di ‘formale’. Il Professor Burkett gli ha detto che il tè deve restare in infusione per cinque minuti in acqua appena bollita, non un minuto di più, non uno di meno”. Nella stessa raccolta, (Il bazar dei brutti sogni) in Miglio 81 va bevuto con molto zucchero, da “non dare ai bambini, soprattutto durante un lungo viaggio in macchina, perché sarebbe come spruzzare benzina su un fuoco”.
È rosso con cubetti tintinnanti di ghiaccio nel picnic organizzato da Pauline in Herman Wouk è ancora vivo, che sogna: “sarebbe stato vino rosso se fossimo stati a Parigi”. In Mr. Mercedes è Blu Oolong cinese, in The outsider viene servito con toast all’uva passa. Ne L’istituto, una delle bevande zuccherine più apprezzate è il Twisted Tea, mentre in 22/11/63 leggiamo: “La caraffa con il tè freddo sembra Waterford, con un intero limone sbucciato che galleggia placidamente in superficie, rilasciando tutto il suo nettare”.
Ne La tempesta del secolo, King indugia sui particolari riuscendo come al solito a suggerire il terrore dalle piccole cose. Come quando Linoge “si siede nella poltrona di Martha, prende la sua teiera con una mano insanguinata che ne macchia il manico. Poi allunga la mano sporca di sangue verso un biscotto e lo mangia”.
Nel libro c’è una filastrocca ricorrente sulla quale i bambini giocano a fare le piccole teiere con una mano sull’anca a mo’ di manico e tirandosi il naso come fosse un beccuccio. Come spesso accade, però, le parole possono nascondere doppi significati, che assumono toni inquietanti se c’è di mezzo un demone come Linoge:
Sono una piccola teiera, bassa e tarchiata
Questa è la mia maniglia, questo il mio beccuccio
Quando mi scaldo tutta, sentimi urlare
Basta che mi ribalti e mi versi
Rimanendo in zona horror, in Danse Macabre: “Nonostante il raduno che portò Mary Shelley a scrivere Frankenstein si tenne sulle rive del Lago di Ginevra, ben lontano dal suolo britannico, può essere qualificato come uno dei Tea Party inglesi più folli di tutti i tempi”: come ben sappiamo, nel giugno del 1816 Percy e Mary Shelley, Lord Byron e il Dottor John Polidori furono confinati in casa da una pioggia torrenziale che durò due settimane. Si lessero l’un l'altro delle storie di fantasmi tratte da Fantasmagoria per finire con la sfida di Percy Shelley annotata nel diario del Dottor Polidori: “Dopo il tè delle 12 iniziammo seriamente a parlare di fantasmi. Lord Byron lesse alcuni versi del Christabel di Coleridge, la parte nella quale si parla del petto della strega quando Shelley, urlando con le mani tra i capelli, scappò dalla stanza e per calmarlo dovetti gettargli dell’acqua in faccia: stava guardando sua moglie e ricordò all’improvviso di una donna di cui aveva sentito parlare che aveva occhi al posto dei capezzoli”.
Ne L’arte di sopravvivere: il protagonista di Scheletri (uscito in Italia anche come audiolibro in cassetta, letto da Fabrizio Casadio, voce di Zio Tibia nello show televisivo) Richard Pine, è bloccato da un naufragio su un isola di centonovanta passi per duecentosessantasette, con due chili di eroina purissima e ha un pensiero fisso: il CIBO. Che non c’è. “Ho pensato a tutti i tipi di cibo: le lasagne di mia mamma, il pane all’aglio, le lumache, le aragoste. Puntine di maiale. Pesche col gelato. Stracotto di carne. Una enorme fetta di Pound Cake con una mestolata di gelato alla vaniglia fatto in casa che ti danno come dolce da Mother Crunch sulla First Avenue. Pretzel caldi, salmone affumicato, prosciutto al forno con fette di ananas. Anelli di cipolla. Salsa di cipolla con patatine, tè ghiacciato in lunghi sorsi”. Peccato che nel delirio della sopravvivenza forzata, quei succulenti bocconi non siano altro che altrettanti parti del suo stesso corpo.
Nel recentissimo Fairy Tale, quando Charlie è prigioniero dell’Alto Signore; gli viene offerto del tè molto zuccherato, con il solo intento di fargliene sentire la mancanza, una volta tornato nelle segrete del palazzo. Non so come andrà a finire, perché non ho ancora terminato di leggere il libro.
8 novembre 2022
Sono abituato ad adattare lo speach di questi incontri cercando riferimenti alla cucina di Stephen King. Pensando al nome del ristorante, in effetti la zucca non è citata come alimento ma è più genericamente legata alle festività di Halloween. Quale festa più americana per il più americano degli scrittori popolari? Eppure…
Durante un'intervista del 2005 con Conan O'Brien, King ha espresso apertamente il suo odio per la festa di Halloween: «Odio Halloween, detesto Halloween. Se potessi andare in un gulag ad Halloween, probabilmente lo farei. Noi [eravamo soliti] rimanere a casa, e migliaia di persone convergevano a casa nostra e noi distribuivamo caramelle e tutto il resto. Siamo arrivati al punto di pensare di portare delle macchine per la nebbia e di mettere delle lapidi finte e tutto il resto».
Stephen ha poi raccontato a Conan che l'impegno per Halloween è diventato eccessivo e molto faticoso: «Mi sono detto: "Aspetta un attimo, mi sto trasformando nel Babbo Natale di Halloween!". Babbo Natale non è reale e io lo sono, più o meno».
C’è anche da prendere in considerazione il fatto che forse è stanco della sua reputazione di scrittore horror, come mostra anche con la forte virata verso un paranormale più contenuto, negli ultimi anni.
Ritroviamo Helloween in Elevation, quando il protagonista Scott va al Consumer Value Store di Caste Rock - che ricordo essere la fittizia cittadina creata da King nella quale si svolgono numerosi dei suoi racconti e romanzi - a comprare dei dolcetti per la serata: I residenti del View non ricevono molte visite nella sera di Halloween, ce n’erano di più prima della caduta della Scala dei Suicidi (auto-citazione della Scatola dei Bottoni di Gwendy; è stata anche nominata ne l’Istituto) ma quello che i ragazzini non prenderanno, li mangerà lui: uno dei benefici della sua situazione (che ricordo è quella di perdere costantemente peso) è appunto di non preoccuparsi delle calorie ingerite. Darà alla ventina di ragazzini due mini candybar ognuno, tre per i costumi migliori.
Il MENU di questa sera ripropone tre piatti tratti dal mio saggio:
- Enchilladas con salsiccia (pag 69)
- Risotto con barbabietola (pag 80)
- Cheesecake (pag 87)
Dal comune spuntino pomeridiano al bisogno di aggregazione, il rito del cibo è presente e costante nei suoi libri, proprio perché atto naturale nella vita quotidiana, tanto che riesce a infilarlo anche nelle poche pagine di prefazione a Odio volare, quando racconta la sua esperienza di quasimorte guardando “tutta la spazzatura che riempiva il corridoio, dai sandwich all’insalata, al pezzo di cheesecake con la sua guarnitura alle fragole”, rosso che sembra far contrasto sul giallo delle maschere dell’ossigeno.